La legge Cirinnà del 2016 ha sancito che la famiglia non è fondata in modo esclusivo sul matrimonio, ma su una comunione di vita materiale e spirituale, motivo per il quale, anche i conviventi, le cosiddette “coppie di fatto”, godono di gran parte dei diritti riconosciuti alle coppie sposate.
La legge Cirinnà indica quali sono i diritti e gli obblighi di coloro che convivono nonostante non siano sposati.
In che cosa consiste la convivenza di fatto
Secondo la legge, si intendono per conviventi di fatto, due persone maggiorenni unite in modo stabile da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile.
La convivenza di fatto tra persone eterosessuali oppure dello stesso sesso, viene attestata attraverso un’autocertificazione in carta libera, presentata al comune di residenza, nella quale i conviventi dichiarano di convivere allo stesso indirizzo.
Il Comune, una volta abbia provveduto agli opportuni accertamenti, rilascerà il certificato di residenza e stato di famiglia.
I conviventi non hanno nessun obbligo di presentare la sopra menzionata autocertificazione, perché la convivenza può essere provata con ogni strumento, anche con dichiarazioni testimoniali.
La convivenza di fatto viene rivolta a coloro che sia che siano eterosessuali, sia che siano omosessuali, hanno deciso di non contrarre matrimonio né di sancire il loro legame attraverso l’unione civile, ma che sono allo stesso modo meritevoli di tutela rispetto a determinati aspetti della vita.
Quali sono i diritti e doveri dei conviventi di fatto
La convivenza di fatto tra due persone, quando viene formalizzata, pone in essere un nucleo familiare che, nonostante sia diverso da quello matrimoniale, è, allo stesso modo, meritevole di tutela.
In presenza di una convivenza di fatto nascono i seguenti diritti e doveri:
La possibilità di far visita al proprio partner in carcere.
Il diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, in caso di malattia o di ricovero del convivente di fatto.
La facoltà di nominare il convivente come proprio rappresentante in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute, o di morte, in relazione alla donazione di organi, alle modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie.
Il convivente di fatto può essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno, se il partner venga dichiarato interdetto, inabilitato o beneficiario dell’amministrazione di sostegno.
In caso di morte del proprietario dell’abitazione comune, il convivente superstite può restare nella stessa casa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e non oltre i cinque anni.
Se il convivente superstite abbia figli minori o disabili, ha diritto di continuare a restare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.
Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente ha la facoltà di succedergli nel contratto.
Lo stesso diritto al risarcimento del danno che spetta al coniuge superstite, in caso di decesso del convivente di fatto derivante da fatto illecito di un terzo.
Il diritto del convivente di partecipare alla gestione e agli utili dell’impresa familiare del partner, nonché ai beni acquistati con questi ultimi e agli incrementi dell’azienda, in proporzione al lavoro prestato.
In caso di cessazione della convivenza di fatto, il diritto di ricevere gli alimenti dall’ex convivente, qualora versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento.
Le differenze tra convivenza di fatto e coppie di fatto
La legge Cirinnà, quando ha introdotto le convivenze di fatto e le unioni civili, le quali possono intercorrere esclusivamente tra persone dello stesso sesso, ha previsto che due persone che stanno insieme, se vogliono essere riconosciute dallo Stato godendo dei diritti dei quali si è scritto in precedenza, devono rendere formale la loro convivenza recandosi al Comune e adempiendo agli oneri dei quali si è scritto sopra.
In Italia, ci sono diverse coppie che, nonostante abitino sotto lo stesso tetto da anni, non vogliono rendere ufficiale la loro unione, non vogliono diventare conviventi di fatto.
A questo proposito, ci si chiede quale regime giuridico si applicherà in presenzadi simili circostanze.
Coloro che convivono ma che non vogliono la loro unione in Comune continuano a restare una coppia di fatto, distinguendosi dai conviventi di fatto per la minore tutela che viene loro accordata.
La coppia di fatto non è disciplinata da nessuna legge, e dovrà accettare la tutela che è stata loro riconosciuta nel corso degli anni da parte della giurisprudenza.