Via Dei Mille, 34 - Rimini

I tempi per ottenere il divorzio stanno per cambiare

Legge n° 898 del 1970 – Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio

In questi mesi il nostro legislatore è alacremente al lavoro per modificare l’art. 3 della Legge n° 898 del 1970 – “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”, che individua i requisiti oggettivi necessari per poter accedere al divorzio.

Oggi, salvo alcuni casi estremi tipicizzati (condanna penale definitiva per gravi resti familiari, annullamento / scioglimento del vincolo all’estero, inconsumazione, rettificazione del sesso), i coniugi possono divorziare solo dopo che siano trascorsi almeno tre anni consecutivi di separazione “giudiziale”, ovvero “consensuale omologata”. Peraltro, gli artt. 1 e 2 premettono che, comunque, il divorzio può essere dichiarato solo se il Giudice abbia accertato anche come il doppio elemento soggettivo della: “comunione materiale e spirituale tra i coniugi” non può più essere mantenuto o ricostituito.

Questo quindi è e dovrebbe sempre più essere il fulcro di qualsiasi riforma in tale delicatissima materia: il riconoscimento della prevalenza dell’elemento “soggettivo” su quello “oggettivo”. Un matrimonio in cui marito e moglie non desiderano più vivere insieme, non provano più attrazione sessuale reciproca, non condividono più alcun progetto di vita, deve essere sciolto e il prima possibile, nell’interesse di tutti, figli in primis.

Tutte le varie proposte di riforma tendono ad una sostanziale riduzione dei tempi di separazione obbligatoria (dagli attuali tre anni a due anni, un anno, sei mesi), se non addirittura alla sua totale eliminazione, ma molti si interrogano se prevedere comunque tempi più lunghi in presenza di figli, soprattutto se minorenni, in considerazione della loro particolare sensibilità e del valore sociale superiore dei vincoli nuziali con prole.

I dati statistici di ormai oltre 40 anni di applicazione della Legge ci dicono tuttavia, che molto raramente i coniugi separati si riconciliano e che invece l’attesa si trasforma solo in un’inutile agonia, che impedisce ai quasi ex coniugi di rifarsi una vita (magari anche riformando una nuova famiglia) e lascia i figli stessi in una sorta di incerto “limbo emotivo”, spesso persino oggetto di vile contesa tra i genitori, che cercano, nonostante tutto, di mantenere o costruire un rapporto con loro. Molto meglio, allora, chiarire fin da subito che l’amore tra mamma e papà è già definitivamente finito, ma che fortunatamente il loro amore di genitori non finirà mai.

Advocat Maria Cristina Morganti

Condividi su: