Una tutela stragiudiziale con la richiesta di pagamento diretta al datore di lavoro o all’ente previdenziale. Quando è possibile?
La L. 219 del 2012, in riforma della filiazione, all’art. 3 c.2, ha previsto, in caso di mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, da parte di un genitore naturale, come stabilito dal giudice ordinario, la possibilità di esperire un rimedio stragiudiziale. La norma sopra citata è in linea con l’art. 8 della L. 898/1970, relativo al mancato pagamento dell’assegno divorzile.
In questi casi, il genitore con cui i figli vivono invia una richiesta di pagamento, tramite raccomandata con avviso di ricevimento all’ex convivente more uxorio, concedendogli il termine di trenta giorni per provvedere al pagamento. Se decorso il termine, il genitore tenuto al versamento dell’assegno di mantenimento dei figli naturali non provvede in tal senso, l’altro può notificare al terzo, datore di lavoro dell’obbligato o ente previdenziale, il provvedimento, munito di formula esecutiva, con cui il giudice aveva stabilito l’obbligo di versamento, insieme all’invito a versare direttamente il dovuto all’altro genitore.
In questi casi, se il genitore è lavoratore dipendente, il datore di lavoro paga direttamente all’altro le somme dovute per il mantenimento dei figli naturali, in modo da ripristinare l’equilibrio economico tra le parti. Nel caso sia un soggetto infortunato sul lavoro, la rendita viene versata dall’INAIL direttamente all’ex convivente.
Tale rendita, infatti, per i crediti derivanti da rapporti familiari è pignorabile (a differenza dei crediti relativi ad altri rapporti), perché essa non esaurisce i suoi effetti solo nei confronti dell’assicurato, ma interviene anche a sostegno della sua famiglia. Nel caso in cui il terzo non provveda al pagamento delle somme, s’instaura la procedura esecutiva, notificando il precetto e l’atto di pignoramento presso terzi.
La giurisprudenza di merito e di legittimità si è espressa in tale senso. Il Tribunale di Mantova, con la sentenza del 18.02.2016, ha dichiarato inammissibile il ricorso ex art. 156 c. 6 c.c., depositato da una madre naturale, che richiedeva alla società alle cui dipendenze lavorava il padre di sua figlia minore d’età, il pagamento degli assegni di mantenimento, nella misura stabilita dal Tribunale, con decreto.
Il giudice ha ritenuto applicabile la norma dell’art. 3 c.2 L. 219/2012, che equipara i figli naturali a quelli legittimi, in combinato disposto con l’art. 8 c.3 L. 898/1970, che prevede la possibilità di agire senza ordine del giudice per ottenere il pagamento dell’assegno di mantenimento per i propri figli. Questo è il metodo più razionale, sia alla luce della riforma del 2012, sia alla luce dei principi ispiratori del processo civile, volti a semplificare i procedimenti (cfr. Cass. civ. ordinanza n. 4535 del 26.02.2014).
Avvocato Valeria Astolfi