A seguito di una “Separazione Personale” e/o “Divorzio”, il Giudice adito può decidere di stabilire a carico del coniuge più “economicamente forte” l’obbligo della corresponsione di un assegno periodico a vantaggio del coniuge più “economicamente debole”, ex art. 156, del Codice Civile. Tale obbligo, tuttavia, può variare nel tempo, con il mutare delle condizioni economiche e delle circostanze di vita di entrambi, fino a venir meno del tutto.
Lo scopo del cosiddetto “assegno divorzile” è quello di permettere ad entrambi i coniugi di mantenere il tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio, anche dopo la fine della loro unione. Se, quindi, gli ormai ex coniugi hanno entrambi “adeguati redditi propri”, di fatto quasi equivalenti tra di loro, il giudice non prevederà nessun obbligo di mantenimento. In questi casi, egli provvederà solo, se lo riterrà opportuno, a stabilire la somma di mantenimento per gli eventuali figli, conviventi, della coppia.
A scelta del coniuge creditore, l’obbligo di mantenimento può essere liquidato anche con un versamento una tantum. In questo caso però, il coniuge beneficiario “non avrà più nulla a pretendere” dall’obbligato.
Diversamente, il cosiddetto “assegno alimentare” (a cui sono tenuti non solo i coniugi divorziati, ma anche: donatario, figli, genitori, generi, nuore, suoceri, fratelli e sorelle) può essere sempre richiesto al Giudice, ex artt. 433 – 448-bis, ma solo in caso di “stato di bisogno”, inteso come reale indigenza del richiedente. Peraltro, l’obbligato ha facoltà di adempiere, alternativamente, somministrando periodiche somme di denaro al congiunto in difficoltà, ovvero ospitandolo direttamente nella propria casa.
Advocat Maria Cristina Morganti