Via Dei Mille, 34 - Rimini

L’emancipazione minorile

ex artt. 390-397, istituto giuridico dell’Emancipazione del minore

Il Capo II del Titolo XII del Libro I del Codice Civile italiano, ex artt. 390-397, regola l’istituto giuridico dell’Emancipazione del minore. In pratica, si tratta di una sorta di concessione anticipata della Capacità d’Agire, normalmente raggiunta solo con la maggiore età. Il soggetto emancipato deve avere almeno sedicianni e non essere altrimenti in stato d’incapacità.

Prima dell’entrata in vigore della Legge di riforma del Diritto di Famiglia n° 39 del 1975, l’Emancipazione poteva essere richiesta al giudice dal minore medesimo o dai suoi genitori, oppure vi accedeva “di diritto” il minore che contraeva matrimonio. Oggi, con l’avvenuta abrogazione degli artt. 391, 398 e 399 del Codice Civile, l’unica residuale modalità per ottenere l’Emancipazione è dunque sposarsi, ex art. 84 c.c., secondo il noto brocardo latino: “Habilis ad nuptias, habilis ad nuptiarum consequentias”, cioè: “Chi è idoneo alle nozze, è idoneo alle conseguenze delle nozze”.

Peraltro, il Matrimonio di un minorenne, per essere validamente celebrato, deve essere anch’esso preventivamente autorizzato dal Tribunale, con apposito Decreto, emesso solo: “per gravi motivi” e: “su istanza dell’interessato, accertata la sua maturità psico-fisica e la fondatezza delle ragioni addotte, sentito il pubblico ministero, i genitori o il tutore”.

La più recente Giurisprudenza, comunque, tende a non concedere facilmente detta “autorizzazione”, anche in considerazione dell’intervenuto abbassamento della maggiore età per la generalità dei cittadini, dai 21 anni inizialmente previsti agli attuali 18, ex art. 2 c.c. (così come modificato dalla su citata Legge n° 39 del 1975).

L’emancipato può gestire autonomamente le questioni di “ordinaria amministrazione”, mentre per “riscuotere i capitali” e “stare in giudizio” egli necessita dell’assistenza di un Curatore, nominato dal Giudice tutelare territorialmente competente e scelto fra: i genitori del giovane, il coniuge maggiorenne o eventualmente anche un terzo, comunque ritenuto “idoneo all’ufficio e di ineccepibile condotta”.

Infine, per gli atti di “straordinaria amministrazione”, il minore emancipato dovrà ottenere oltre a quello del Curatore, anche il consenso del Giudice. Inoltre, con specifica autorizzazione del Giudice (sentito il Curatore), il minore emancipato può anche gestire in piena autonomia un’impresa commerciale e contemporaneamente liberarsi del controllo esterno su tutti i propri atti di “straordinaria amministrazione”. Gli atti compiuti dal minore in violazione dei predetti limiti normativi sono annullabili, a istanza del minore stesso o dei suoi eredi o aventi causa. Il Curatore può essere sospeso o rimosso dal suo incarico in qualunque momento dal Giudice, qualora si rivelasse: negligente, inetto, immeritevole, insolvente, ovvero abusi del suo potere. 

Advocat Maria Cristina Morganti

Condividi su: