L ‘Avvocato Guido Cellerino fornisce un breve commento per chiarire la sentenza della Cassazione Sez. I Civile 10 Gennaio 2014 n. 372.
Con la pronuncia in esame la Suprema Corte ha affrontato temi estremamente delicati, riguardanti i rapporti padre-figlio e, nella fattispecie, pronunciandosi a favore delle visite tra questi pure nel caso in cui vi fosse un procedimento penale per violenza ed abusi, sulla scorta della considerazione secondo cui
Sarebbe del tutto erroneo e fuorviante, pertò, attribuire a tale statuizione un valore assoluto, quasi che la Cassazione avesse sancito il principio per cui vi sia “un diritto” del genitore – processato per abusi su di un figlio – di continuare ad incontrarlo e ad intrattenere rapporti con lo stesso.
Il provvedimento fu reclamato da entrambi i genitori. La madre, in particolare, chiese la sospensione della potestà genitoriale del padre, l’affido esclusivo a se stessa e il divieto di incontri tra il padre ed il figlio, in quanto, nel frattempo, il padre era stato rinviato a giudizio per i reati di violenza sessuale e lesioni a carico del figlio.
La Corte d’Appello, con decreto a definizione del grado di giudizio, dispose l’affidamento del minore ai servizi sociali, incaricandoli di attuare un progetto finalizzato al recupero dei rapporti fra padre e figlio, pur con ogni cautela del caso, ritenendo rispondente agli interessi del minore la ripresa di rapporti con la figura paterna interrotti da più di quattro anni, giacchè – come segnalato dal consulente tecnico – un ulteriore indugio avrebbe reso impossibile la ripresa di tali rapporti.
La Corte d’Appello si era spinta ad affermare che – anche qualora, all’esito del processo penale, fosse stata accertata giudizialmente la fondatezza delle accuse – non si sarebbe potuto aprioristicamente escludere, con idoneo supporto terapeutico, un recupero della genitorialità paterna.
Soprattutto a censura di tale ultima statuizione, la madre presentava ricorso in Cassazione, denunciando una lesione – da parte della Corte d’Appello – del superiore interesse del minore, posto che un eventuale accertamento giudiziale di responsabilità penale avrebbe dovuto esser dichiarato assolutamente ostativo alla ripresa dei rapporti. L’affermazione censurata, a dire della ricorrente, denotava il fatto che la Corte avrebbe illegittimamente privilegiato l’interesse del padre rispetto a quello del figlio minore.
La tutela dell’interesse del minore, secondo la ricorrente, avrebbe richiesto, per contro, di attendere l’esito del giudizio penale.
La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su tale delicato punto, ha rigettato il ricorso, posto, in sintesi, che: 1) la statuizione, censurata dalla ricorrente, della Corte d’Appello non ha carattere di decisività, ne’ di definitività, non precludendo, all’esito del processo penale, una diversa decisione; 2) la Corte territoriale ha disposto la ripresa – protetta e corredata di cautele – dei rapporti padre-figlio sul rilievo che ulteriori indugi avrebbero comportato la definitiva irrecuperabilità del rapporto stesso, con grave pregiudizio per l’interesse del minore; 3) l’ulteriore affermazione della Corte territoriale circa il possibile recupero della genitorialità paterna pur di fronte ad un eventuale accertamento degli abusi ha solo carattere rafforzativo ed è fatta ad abundantiam; 4) le decisioni in materia di affidamento dei figli minori producono un giudicato rebus sic stantibus, ed il giudice che le emette non ha il potere di determinare gli esiti di un usccessivo giudizio; 5) che nel caso concreto l’interesse del minore sia meglio tutelato tramite una ripresa protetta dei rapporti, piuttosto che tramite una interruzione degli stessi costituisce questione di fatto motivatamente risolta dalla Corte territoriale e non censurabile in sede di legittimità.
Non si può pertanto – semplicisticamente e “giornalisticamente” – affermare che la Cassazione abbia sancito in linea generale il diritto del genitore processato per violenza sessuale sul figlio minore, di intrattenere comunque rapporti con il medesimo, posto che non si possono trascurare le peculiarità di ogni singolo caso.
La Corte stessa, del resto, nel valutare le statuizioni appellate, non esclude che – all’esito di una condanna penale – le conclusioni possano essere differenti. La valutazione del preminente interesse del minore è comunque una questione di fatto, che va valutata caso per caso e che, se motivatamente decisa, non risulta censurabile in sede di legittimità.